IL PRETORE Ha emesso la seguente ordinanza nella causa di previdenza n. 1647/1991 r.g.c. su ricorso presentato da Gaspari Domenico, rappresentato e difeso dall'avv. Valter De Cesare contro l'I.N.P.S. rappresentato e difeso dall'avv. Gennaro D'Avanzo. Con ricorso depositato in data 19 dicembre 1991 Gaspari Domenico, quale erede di Faris Elisa, titolare delle pensioni I.N.P.S. n. 784159 cat. VR e n. 200116681 cat. SO, una sola delle quali integrata al trattamento minimo, chiedeva il riconoscimento dell'integrazione al minimo della pensione SO in applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 314/1985 ed il mantenimento di tale integrazione "cristallizzata" nell'importo dovuto alla data del 1 ottobre 1983 in applicazione dell'art. 6, settimo comma, della legge n. 638/1983. Instauratosi il contraddittorio, l'I.N.P.S. allegava che l'integrazione al minimo sulla pensione SO era stata nel frattempo liquidata ma chiedeva il rigetto della domanda della c.d. "cristallizzazione". La difesa dell'I.N.P.S. invoca al tal fine l'applicazione dell'art. 11, ventiduesimo comma, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, che recita testualmente: "L'art. 6, quinto, sesto e settimo comma, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, si interpreta nel senso che nel caso di concorso di due o piu' pensioni integrate al trattamento minimo, liquidate con decorrenza anteriore alla data di entrata in vigore del predetto decreto-legge, il trattamento minimo spetta su una sola delle pensioni, come individuata secondo i criteri previsti al terzo comma dello stesso articolo, mentre l'altra o le altre pensioni spettano nell'importo a calcolo senza alcuna integrazione". Ritenuto che l'applicazione di tale norma, intervenuta nelle more della decisione della presente controversia, comporta - stante la palese natura di interpretazione autentica e la conseguente efficacia retroattiva - il rigetto del capo della domanda relativo al diritto alla conservazione dell'importo del trattamento pensionistico non piu' integrabile - ossia la c.d. "cristallizzazione" - fino al riassorbimento per effetto della perequazione automatica; che tale norma reitera sostanzialmente precedenti disposizioni immediatamente sospettate di incostituzionalita' sia dalla s.C. che da numerosi giudici di merito. Vanno ricordate a tal proposito l'ordinanza 11 febbraio 1992, n. 142, della Corte di cassazione che dichiaro' non manifestamente infondata, per violazione degli artt. 3 e 38 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, primo comma, del d.l. 21 gennaio 1992, n. 14, e le ordinanze 21 maggio 1992, nn. 413, 414 e 415 del tribunale di Chieti e n. 418 del 12 giugno 1992 del pretore di Lanciano che dichiararono non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 4, primo comma, del d.l. 20 maggio 1992, n. 239. Tali questioni vennero dichiarate inammissibili per mancata conversione in legge dei decreti con ordinanze nn. 21/1992 e 51/1993; che la norma si discosta dalla decisione interpretativa di rigetto della Corte costituzionale che con sentenza 6-19 novembre 1991, n. 418, ha dichiarato non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6, settimo comma, del d.l. n. 463/1983 convertito in legge n. 638/1983 ritenendo detta norma utilizzabile ai fini dell'affermazione del diritto al mantenimento della integrazione al minimo c.d. "cristallizzata" alla data del 30 settembre 1983 di una delle pensioni gia' integrate al minimo prima di tale data; che i parametri di costituzionalita' possono desumersi dalla cit. sentenza della Corte costituzionale n. 418/1991, come gia' osservato dalla s.C. nella cit. ordinanza n. 142/1992, talche' il legislatore con lo strumento dell'interpretazione autentica introduce irragionevolmente un dato normativo retroattivo in contrasto con la precedente disciplina cosi' come interpretata dal giudice delle leggi; che il trattamento minimo pensionistico ha natura previdenziale e non assistenziale, per cui la riduzione del trattamento complessivo gia' legittimamente in godimento alla data del 30 settembre 1983 e' lesiva del diritto alla previdenza e per l'effetto in contrasto con l'art. 38, secondo comma, della Costituzione oltre che con l'art. 3 della Costituzione, risultando tale riduzione palesemente irragionevole in quanto il detto trattamento costituiva, secondo il regime all'epoca vigente, minimo tendente a garantire mezzi adeguati alle esigenze di vita dei lavoratori; che il combinato disposto della norma interpretativa in esame e della disposizione interpretata risulta cosi' in contrasto con il precetto costituzionale; Ritenuto per quanto precede che la questione di legittimita' costituzionale sia ammissibile, rilevante e non manifestamente infondata;